Lo Scomodo Conforto di Non Essere Normali

Pubblicato il 10 novembre 2025 alle ore 10:00

C’è una parola, "normale", che portiamo addosso come un vestito che non ci sta.

La indossiamo, la stiriamo, ci costringiamo dentro sperando che, in qualche modo magico, finisca per adattarsi alla nostra forma. Il più delle volte, invece, ci pizzica, ci stringe il respiro e ci fa sentire irrimediabilmente sbagliati.

Vera Gheno, con la sua inchiesta lucida e necessaria in "Nessunə è normale", non fa altro che mostrarci l'etichetta di composizione di questo abito: non è fatto di verità universali, ma di lana grezza tessuta dal caso, dalla statistica e, soprattutto, dal potere. La "normalità" è un concetto circolare, lo si definisce tale perché è tale, non perché sia intrinsecamente giusto o desiderabile. Ed è proprio questa la grande liberazione che ci offre la sua lettura: il sollievo di capire che il problema non siamo noi, ma la misura che ci viene imposta.

Le persone (la maggior parte, almeno) vivono nel costante sforzo di normalizzarsi. Cercano affannosamente di adeguare il proprio corpo, il proprio orientamento, il proprio modo di sentire il successo o il dolore a un modello che non solo è illusorio, ma è anche violentemente escludente. Questa costante tensione, questo tentativo di riparare la propria singolarità per inserirla in uno stampo omologato, è una delle fonti primarie di sofferenza.

E qui entra in gioco il potere curativo della parola, sia quella che leggiamo, sia quella che troviamo dentro di noi. Gheno ci svela come il linguaggio stesso sia intriso di questa logica di esclusione—pensiamo a come definiamo l'"altro" o a quante volte abbiamo sentito o usato l'espressione "non sei normale" non come un fatto, ma come una sentenza di condanna.

Il counseling e la libroterapia, in questo senso, diventano un antidoto, un esercizio per rinominare l'esperienza. Se la società ci ha definiti con parole che ci rimpiccioliscono, possiamo trovare, attraverso le storie e le riflessioni, un vocabolario nuovo, più ampio e accogliente per descriverci, con la nostra originalità e unicità.

Questo saggio ci offre la possibilità di fare pace con quella parte di noi che non si allinea. Ci invita a smettere di misurarci con la "squadra" della norma – la norma latina da cui tutto ha origine – e a riconoscere che il nostro valore risiede proprio nella nostra inclassificabilità.

Dopotutto, se togliamo il peso schiacciante della statistica e del giudizio sociale, cosa resta? Resta la persona, unica, complessa, perfettamente intera nella sua imperfetta fioritura.

Resta, semplicemente, l'umano.

E per chi si sente solo nella sua diversità, leggere che nessunə è normale è come ricevere un invito caldo e inaspettato: quello a smettere la divisa stretta e a camminare finalmente a piedi nudi nella propria, innegabile, singolarità.

Un grazie speciale alla persona che mi ha donato questo libro, un invito prezioso a riflettere sul significato di "normale" e sull'accoglienza di tutte le nostre sfumature.

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